Pensioni, l’assegno arriva sempre più tardi: l’età sale a 66 anni e 7 mesi

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    Elsa Fornero ritorna: dal primo gennaio 2016 si dovranno attendere quattro mesi in più per andare in pensione. E’ quanto risulta dall’adeguamento dei requisiti previdenziali all’aspettativa media di vita, introdotto da una legge del 2010 del governo Berlusconi con cadenza triennale. Una legge che fu accelerata proprio dalla riforma Fornero, che ha deciso che dal 2019 l’aggiornamento avvenga ogni due anni.

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Addio Tredicesima, si sono presi tutto senza dirvi niente

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   Gli italiani utilizzeranno per regali e cenone natalizio soltanto il 9,4% della loro busta paga, mentre il resto sarà impiegato per canone Rai, bollette, RC Auto e mutui: “Ad esempio, la RC Auto, che continua a salassare le tasche degli automobilisti con rincari ingiustificati pari al 7% a fronte di una riduzione dei sinistri, mangerà 5,5 miliardi di euro, il 16,1% delle tredicesime, mentre 4,9 miliardi di euro, serviranno per pagare le rate dei mutui. Il salasso non è però ancora finito: 4,1 miliardi di euro (il 12%) se ne andranno per pagare le tasse di auto e moto, mentre 2,0 miliardi (5,8 %) spariranno per il canone Rai.

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di Castrum Group Net Inviato su Pensioni

Pensioni: dal 2013 si cambia. Ecco tutte le novità

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   Il 2013 e’ alle porte e molti italiani dovranno “fare i conti” con l’introduzione dei nuovi requisiti per andare in pensione introdotti dalla Legge Fornero.
Dall’inizio del nuovo anno i lavoratori dipendenti potranno lasciare il lavoro solo con le regole previste dalla nuova riforma, mentre continueranno ad andare ancora fino a giugno con le vecchie regole gli autonomi che hanno dovuto attendere 18 mesi per la finestra mobile.

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Pensioni: modifiche al pagamento in contanti

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   La legge n. 44 del 26 aprile 2012, ha introdotto alcune modifiche alle norme sul pagamento in contanti di importo superiore ai 1.000 euro, previste dalla legge 214/2011.

Pertanto dal 1° luglio 2012 le pensioni di importo mensile ordinario superiore ai 1.000 euro dovranno essere accreditate su:

– conto corrente bancario o su carta prepagata dotata di codice Iban
– conto corrente postale o su libretto postale.

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di Castrum Group Net Inviato su Pensioni

L’Inps ha inviato una lettera a circa 450 mila pensionati che percepiscono pensioni superiori ai mille euro, pagate in contanti

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   "Come è noto, la legge n. 214 del 22 dicembre 2011 ha stabilito che le Pubbliche Amministrazioni devono utilizzare strumenti di pagamento elettronici, disponibili presso il sistema bancario o postale, per la corresponsione di stipendi, pensioni e compensi di importo superiore a mille euro (limite che potra’ essere modificato in futuro con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze)”. ”L’adeguamento alle nuove modalità di pagamento dovrà avvenire entro il 6 marzo 2012.

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Al via dal 1° gennaio 2012 ,entra in vigore, la riforma delle pensioni contenuta nel decreto legge 201/2011 (legge 214)

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    Al via dal 1° gennaio 2012 ,entra in vigore, la riforma delle pensioni contenuta nel decreto legge 201/2011 (legge 214). Pensioni di vecchiaia con requisiti più elevati, assegni determinati con il contributivo anche per coloro che avevano conservato il più vantaggioso metodo retributivo, sostanziale cancellazione per le pensioni di anzianità: sono i principali capitoli della riforma voluta dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero. L’effetto delle misure previdenziali contenute nella manovra è quello di unificare l’età di uscita dal lavoro, che a regime (nel 2022) sarà per tutti di 67 anni, con la sola eccezione delle persone che hanno lavorato oltre 41-42 anni (pensione anticipata) o che hanno svolto lavori usuranti (che potranno andare in pensione con le "vecchie" quote per le anzianità. Vediamo di seguito le novità principali.

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di Castrum Group Net Inviato su Pensioni

Pensione: Come cambia?

Come scrive oggi il Corriere – la riforma aveva colpito più i giovani che i vecchi lavoratori. Ora invece il metodo contributivo si applicherà a tutti non sull’intera pensione ma solo per quel periodo che separa il lavoratore al raggiungimento della pensione. Infatti la pensione si calcolerà con il contributivo fino alla fine di dicembre e col sistema retributivo a partire dal gennaio 2012.

Pensioni, nuove finestre per le donne

   Anche se alcuni interventi potrebbero essere anticipati con la manovra correttiva che il governo dovrebbe varare prima del Consiglio europeo del 9 dicembre (forse la prossima settimana). Si comincerebbe dall’anticipo al 2012 del meccanismo di aggancio all’aspettativa di vita e del percorso per elevare, magari in tempi più stretti, la soglia di vecchiaia delle donne del settore privato.

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di Castrum Group Net Inviato su Pensioni

Il prelievo del 3% sui redditi complessivi fino a 300.000 euro non si applica sui redditi da lavoro nella pubblica amministrazione e sulle pensioni

   Il prelievo del 3% sui redditi complessivi fino a 300.000 euro non si applica sui redditi da lavoro nella pubblica amministrazione e sulle pensioni. Questi redditi, infatti, sono già sottoposti da leggi precedenti al taglio del 5% per la quota eccedente i 90.000 euro e del 10% sopra i 150.000 euro. Non subiranno quindi una doppia penalizzazione.

   I redditi da lavoro dipendente nella P.a. e da pensione, prevede il maxiemendamento alla manovra, vengono considerati, al lordo della riduzione già prevista, ai fini del limite dei 300.000 euro, ma il contributo del 3% si applica sono sulla quota di redditi diversi.

Manovra di Governo: Pensioni d’oro contributo di solidarietà

   Non solo lo stop della rivalutazione automatica per le pensioni, ma anche un “contributo di solidarietà” per quelle che, a tutti gli effetti, possono essere definite “pensioni d’oro“. Si tratta di quei trattamenti previdenziali superiori ai 90 mila euro lordi annui. Ogni euro fra i citati 90 mila e i 150 mila sarà “tassato” al 5% mentre la parte eccedente i 150 mila dovrà rinunciare ad un 10%.

   Il testo della manovra correttiva si arricchisce di questo ulteriore taglio in vigore dal 1 agosto 2011, da subito, fino al 31 dicembre 2014. Il “contributo di solidarietà” colpisce una parte realmente marginale dei pensionati italiani, sembra sensato colpire in un momento di difficoltà questo tipo di pensioni, ma rimane il dubbio sul perché lo stesso tipo di operazione non venga fatto sui patrimoni consistenti e sui consumi di lusso.

Il 42% dei lavoratori dipendenti che oggi hanno tra i 25 e i 34 anni andrà in pensione, nel 2050, con meno di 1.000 euro al mese

    E’ quanto emerge dai risultati del primo anno di lavoro del progetto ‘Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali’ condotto dal Censis e dall’Unipol. Attualmente, infatti, i giovani al lavoro che guadagnano una cifra inferiore ai 1.000 euro sono il 31,9%: ciò significa, si legge nel rapporto, "che in molti si troveranno ad avere una pensione pubblica più bassa del reddito di inizio carriera". Una previsione, questa, che riguarda i più "fortunati" cioè i 4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato di lavoro con contratti standard; senza cioè contare quel milione di giovani autonomi o con contratti atipici e i due milioni di giovane che non studiano ne’ lavorano, dice ancora il rapporto.

Pensioni: ”Dialogheremo con le parti e troveremo una soluzione che ragionevolmente puo’ essere diversamente rimodulata sulle fasce piu’ alte”. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Sacconi

   ”Dialogheremo con le parti e troveremo una soluzione che ragionevolmente puo’ essere diversamente rimodulata sulle fasce piu’ alte”. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi a margine della presentazione del Rapporto annuale 2010 dell’Inail alla Camera in riferimento alla misura sulle pensioni inserita nella Manovra. ”Questa modulazione delle indicizzazioni – ha precisato Sacconi – e’ stata fatta piu’ volte con economie superiori a queste. Lo fece il governo Prodi due volte e quello Dini”.

”Sui sacrifici il Governo sbaglia indirizzò’. I pensionati delle Acli protestano contro la decisione del Governo di intervenire sulle pensioni con la manovra economica

   ”Sui sacrifici il Governo sbaglia indirizzò’. I pensionati delle Acli protestano contro la decisione del Governo di intervenire sulle pensioni con la manovra economica. Decisione ”che pare confermata nel testo presentato in queste ore al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”.

   La Federazione Anziani e Pensionati delle Acli guarda dunque con ”forte preoccupazione” il decreto che ”blocca la rivalutazione delle pensioni e riunisce gli organi centrali per discutere la manovra appena in corso di approvazione”.

  ”E’ una norma ingiusta, colpisce i soliti noti con una chirurgia di precisione – afferma Pasquale Orlando, segretario nazionale della Fap Acli -. Credo che il Parlamento possa e debba bloccare questa manovra che colpisce lavoratori pubblici e pensionati, i quali sono chiamati a fare ancora sacrifici”.

  La Fap Acli, conclude, ”e’ pronta da subito a collaborare con le altre sigle sindacali dei pensionati per trovare il modo di bloccare questi provvedimenti e indirizzare i necessari sacrifici verso chi può sostenerli, a partire dai grandi redditi ed anche dalle super-pensioni. Dalla manovra ci aspettavamo tutt’altro: una riduzione della tassazione per lavoratori e pensionati, un sostegno alle famiglie con figli e anziani a carico; anche per far ripartire i consumi. Le aspettative vengono deluse e siamo pronti alla mobilitazione”.

L’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel settore privato, per arrivare a 65 anni, non partirà dal 2012 ma dal 2020

   L’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel settore privato, per arrivare a 65 anni, non partirà dal 2012 ma dal 2020. Sarebbe questa la formula trovata dal governo, secondo quanto si apprende da fonti di governo, da inserire nella manovra che sarà presentata domani al Cdm, ma ancora assente nell’ultima versione della bozza.

Aumento graduale dell’età pensionabile per le donne a partire dal 2012

   La notizia è stata diffusa in mattinata e sarebbe stata inclusa nella bozza della manovra correttiva che verrà presentata ufficialmente giovedì. Il meccanismo è semplice: a partire dal 1 gennaio 2012 l’età pensionabile per le donne, dai 60 anni attuali, dovrebbe passare a 61 anni. Obiettivo portare l’età pensionabile a 65 anni nel corso dei prossimi anni con uno “scatto” ogni biennio fino al 2020.

   61 anni nel 2012, 62 nel 2014, 63 nel 2016 e così via. Per dare un’idea una donna che compisse oggi 54 anni (quindi sarebbe “soltanto” a 6 anni dalla pensione) si troverebbe a dover lavorare tre anni in più prima di maturare i requisiti.

   La norma non dovrebbe avere effetti sulle lavoratrici autonome e dipendenti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011. Il ministro per il welfare Sacconi si è affrettato a smentire categoricamente questa anticipazione giornalistica: “le notizie riguardati interventi in materia previdenziale, in particolare per quanto concerne l’età pensionabile delle donne nel settore privato, sono semplicemente infondate“.

la prima edizione della Giornata Nazionale della Previdenza che sarà ospitata in Piazza Affari il 4 e 5 maggio 2011

    Una due giorni completamente dedicata al mondo delle pensioni – pubbliche e private – al welfare integrativo e al risparmio previdenziale. E’ la prima edizione della Giornata Nazionale della Previdenza che sarà ospitata in Piazza Affari il 4 e 5 maggio.

   L’iniziativa, promossa da Itinerari Previdenziali in collaborazione con Borsa Italiana e Prometeia, sara’ aperta gratuitamente a chiunque intenda conoscere o approfondire questioni legate alla previdenza e all’assistenza sociale. Un evento pensato in particolare per le giovani generazioni che avranno così la possibilità di dialogare con i professionisti del settore, raccogliendo tutta una serie di informazioni che potrebbero rivelarsi fondamentali nella progettazione del proprio futuro pensionistico.

   ”C’è troppa ignoranza su un tema fondamentale per ciascuno di noi come quello della previdenza”, ha osservato a questo proposito l’ad di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi.

   ”La Giornata Nazionale della Previdenza – ha aggiunto il top manager – è perciò necessaria per avvicinare i giovani ad affrontare queste problematiche e scongiurare il rischio di mosse errate, considerato che ciascuno di noi non ha percezione di cosa accadrà nei prossimo 20 o 30 anni su questo terreno”.

Si preannuncia una vera e propria rivoluzione nel mondo previdenziale italiano, in progetto una legge che prevede la sospensione dell’assegno di reversibilità per il coniuge superstite in età molto più giovane

   Si preannuncia una vera e propria rivoluzione nel mondo previdenziale italiano, perché è allo studio, presso la Commissione Lavoro della Camera un progetto di legge che prevede la sospensione dell’assegno di reversibilità per il coniuge superstite in età molto più giovane rispetto al coniuge defunto. Il progetto è stato presentato da un membro della Commissione Lavoro del Senato, il quale sostiene che l’obiettivo della norma, se approvata, sarebbe quello di evitare che colf e badanti, spesso straniere, sposino uomini italiani, al solo fine di lucrarne l’assegno di pensione, dopo la morte.

   Il progetto di legge prevede, infatti, che qualora il coniuge superstite abbia un’età inferiore ai 35 anni e il coniuge defunto di almeno 55 anni, il primo avrà la possibilità riscuotere un assegno di inserimento lavorativo, per un periodo massimo di un anno, pari all’importo dell’assegno di reversibilità, in assenza di figli o di inabilità al lavoro. La reversibilità, quindi, sarebbe sospesa fino al raggiungimento del 65esimo anno di età. Secondo la Commissione Lavoro, infatti, non è concepibile che si paghi un assegno pensionistico di reversibilità, per oltre trent’anni a persone abili al lavoro e autosufficienti. Badanti, colf e donne alla ricerca del marito maturo e ricco sono avvertite.

Scuola: le richieste cessazione di servizio presentate al Miur sono quasi 35mila,

   L’emergenza dei precari della scuola si attenua grazie all’alto numero di richieste  pensionamento giunte a viale Trastevere in vista del prossimo anno scolastico: le richieste di cessazione di servizio presentate al Miur sono quasi 35 mila, un numero non distante dai circa 45 mila tagli agli organici previsto per l’a.s. 2011/12 dalla legge 133/08.

Solo un lavoratore italiano su 4 è iscritto ad un fondo pensione

   Solo un lavoratore italiano su 4 è iscritto ad un fondo pensione. Dei 21,5 milioni di lavoratori autonomi e dipendenti presenti in Italia (questo dato non include i lavoratori del pubblico impiego), solo poco più di 5 milioni (precisamente 5.055.228, pari al 23,4% del totale) hanno aderito ad una forma pensionistica complementare. Gli altri 16,5 milioni di occupati (pari al 76,6% del totale) non lo hanno ancora fatto. E’ quanto emerge da una elaborazione realizzata dalla CGIA di Mestre sul mondo della previdenza complementare, nata da pochi anni per integrare il sistema pensionistico obbligatorio che, a quanto pare, non ha ancora riscosso molto successo tra i lavoratori italiani. Questi ultimi, infatti, sembrano essere più propensi a mantenere il loro Tfr (Trattamento di fine rapporto) accantonato in azienda, anziché’ investirlo in un fondo pensione.

   A livello territoriale, sono le regioni del Nord ha registrare il tasso di adesione più elevato alle forme pensionistiche complementari. A guidare la classifica è il Trentino Altro Adige, con il 33,2%, seguono la Lombardia, con il 28,2% e al terzo posto la Valle d’Aosta, con il 27,9%.

   Fanalino di coda di questa particolare graduatoria è la Calabria, con una percentuale di iscritti sul totale dei lavoratori presenti nella Regione pari al 14,6.

Aggiornati al costo della vita gli importi delle pensioni

   La circolare 167 del 30 dicembre  2010 disciplina i rinnovi delle pensioni per l’anno 2011.
Gli aumenti sono del 1,4% fino all’importo di 1.392,91 euro mensili, del 1,26% fino a 2.304,85 e dell’ 1,05% per gli importi superiori ai 2.304,85.  Il trattamento minimo per il 2011 sarà di 467,43 mentre l’assegno sociale sale a euro 417,3 al mese.

Si allungano le finestre d’uscita per le pensioni di anzianità

   Si allungano le finestre d’uscita per le pensioni di anzianità che salgono a quota 96-97. Infatti che per i lavoratori dipendenti sarà necessario raggiungere la quota 96 sommando età anagrafica e anzianità e tenendo presente che non si può andare in pensione con meno di 60 anni.

   Quindi ci vorranno almeno 36 anni di contributi, oppure 61 anni e 35 di contributi. Invece per i lavoratori autonomi la quota è 97 tenendo presente che l’età per il pensionamento non potrà essere inferiore a 61 anni.

   Di conseguenza per i lavoratori autonomi saranno necessari 35 anni di contributi e 62 anni oppure 61 anni e 36 di contributi.

di Castrum Group Net Inviato su Pensioni

Da gennaio 2011 saranno necessari almeno 61 anni per uscire dal lavoro a causa dello scatto del terzo «scalino» previsto dalla riforma del 2007

   Da gennaio 2011 saranno necessari almeno 61 anni per uscire dal lavoro a causa dello scatto del terzo «scalino» previsto dalla riforma del 2007 e della contemporanea entrata in vigore delle nuove regole sulla «finestra mobile» (12 mesi di attesa una volta raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi) varate quest’estate.

   I lavoratori dipendenti dal 2011 andranno in pensione anticipata rispetto all’età di vecchiaia con quota «96» ma con almeno 60 anni di età. Quindi in pratica ci vogliono 60 anni di età e 36 di contributi ma salgono a 61 se gli anni di contributi sono solo 35. Una volta raggiunti i requisiti per avere l’assegno bisogna aspettare ancora 12 mesi previsti dalla «finestra mobile» introdotta con la manovra di luglio arrivando quindi almeno a 61 anni.

   I lavoratori autonomi vanno in pensione di anzianità con quota 97 e almeno 61 anni. A questi requisiti va aggiunta un’attesa di 18 mesi previsti dalla finestra mobile prevista dalla manovra di luglio. Di fatto quindi per li autonomi sono necessari almeno 62 anni e mezzo (regola che vale anche per i collaboratori a progetto). La finestra mobile si applica anche alla pensione di vecchiaia (65 anni gli uomini, 60 le donne). Di fatto quindi si andrà in pensione di vecchiaia con almeno 61 anni le donne e 66 gli uomini.

   Le nuove regole di fatto cancellano la pensione di anzianità per le lavoratrici del settore privato che potranno uscire dal lavoro dopo i 60 anni, età già prevista per la pensione di vecchiaia. Diversa la situazione invece per le impiegate nel pubblico che avranno dal 2011 un requisito anagrafico per la vecchiaia di 61 anni (65 dal 2012). Per loro sarà ancora possibile l’uscita anticipata per anzianità con 60 anni di età e 36 di contributi. Ad entrambe le categorie comunque si applica la finestra mobile e quindi un anno di attesa una volta raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi. Sarà comunque possibile avere la pensione di anzianità, indipendentemente dall’età con almeno 40 anni di contributi ma andranno comunque aggiunti i 12 mesi di attesa della finestra mobile.

   Le norme sull’uscita mobile non riguardano i lavoratori che maturano i requisiti entro dicembre 2010.

di Castrum Group Net Inviato su Pensioni

Pensioni: Il grande bluff al Senato

L’intesa con i sindacati non c’è. E così oggi il consiglio di presidenza di Palazzo Madama, potrebbe deliberare che l’annunciata riforma delle pensioni per i suoi dipendenti non si farà. Con la conseguenza che anche chi è stato assunto di recente potrebbe usufruire dei criteri più vantaggiosi in vigore per chi è entrato dopo il 1998: dal sistema retributivo, al posto di quello contributivo, alla possibilità di andarsene in pensione già a 57 anni.

Certo, non c’è storia con gli assunti ante 1998: per loro la pensione diventa realtà già a 50 anni, anche se con una penalizzazione del 4,5%. Un sistema di super favore comunque, che non ha pari presso il parlamento dei principali paesi europei. E neanche presso la camera presieduta da Gianfranco Fini dove invece, l’intesa con i sindacati sui requisiti più stringenti è stata raggiunta. Tra i mugugni dei dipendenti interessati, che già lamentano una disparità di trattamento rispetto ai colleghi della camera alta: circa il 10% in meno di indennità in busta paga. E che avevano annusato una possibile furbata dei travet senatoriali proprio sulle pensioni. A guidare le trattative a Palazzo Madama, Rosi Mauro, vicepresidente leghista con delega sul personale.

Che associa alla carica di politico in ascesa quella di segretario del sindacato del Carroccio. Risulta (ufficialmente nessuno dichiara) che, rispetto all’indirizzo formulato dal presidente Renato Schifani la scorsa estate, la Mauro abbia ottenuto dalle organizzazioni sindacali interne il via libera solo al taglio agli stipendi.

    Nulla di fatto invece sulla rimodulazione degli incentivi per produttività e straordinario e sulla revisione delle pensioni, con relative finestre di uscita. La parte più cospicua, quella previdenziale, dei risparmi attesi per il prossimo triennio, circa 36 milioni di euro. Ogni decisione è rinviata a successiva intesa. Un’intesa che si prospetta non vicina, vista l’aria che tira di elezioni anticipate. Se si dovesse andare al voto la prossima primavera, presumibilmente non se ne riparlerà prima di un annetto.

   Dal primo gennaio prossimo dei risparmi annunciati, dunque, si incasserà esclusivamente la parte derivante dalla riduzione dei salari del 5%, per i dipendenti con redditi oltre i 90 mila euro, e del 10% oltre 150 mila euro. Poca roba, dicono alcuni senatori, perché il taglio percentuale si applica esclusivamente sulla quota extra soglia. Con la precisazione, tra l’altro, che comunque non si può scendere, dopo la decurtazione, sotto i 90 mila e i 150 mila.

   La spesa pensionistica per i dipendenti ha preso il volo negli ultimi anni nel bilancio del parlamento: per il 2010 è prevista in 197 milioni di euro a Montecitorio e 83 milioni a Palazzo Madama, cresciuta nell’ultimo anno rispettivamente di 8,36 punti percentuali e 7,2. Per calmierarla, e soprattutto agganciarla al sistema vigente nel resto del paese, era stato sfoderato il passaggio al contributivo e l’innalzamento dell’asticella a 60 anni per la pensione di anzianità. «Gli uffici di senato e camera, in particolar modo i questori e i vicepresidenti addetti al personale, lavorano fianco a fianco per trovare soluzioni condivise unanimemente», aveva detto Schifani, «vi è una grande intesa di massima su tagli alle retribuzioni dei parlamentari e sulla riforma del sistema pensionistico dei dipendenti…» e ancora, diceva sempre il presidente del senato, «si procederà all’elevazione dell’età pensionabile a 60 anni dei dipendenti con penalizzazioni per chi va prima, ma sempre dopo il 57esimo anno di età». Era solo questa estate.

    Tra le delibere attese per oggi, anche la revisione del fondo di assistenza sanitaria. Su richiesta dell’ex parlamentare del Pd Andrea Manzella, costituzionalista e dal 2009 componente del consiglio di presidenza della Corte dei conti, sarà concessa ai senatori che godono del vitalizio la possibilità di riprendere a pagare alla cassa i contributi eventualmente sospesi. E con essi di riavere i relativi benefici.

Pensionati: canone Rai 2011 e a rate

     Per gli abbonati rai in pensione arrivano altre due importanti novità, oltre quella dell’esenzione per gli over 75, per la quale, al fine di ottenerla, lo ricordiamo, sono necessari alcuni requisiti fondamentali come non vivere con altre persone ad esclusione del coniuge e percepire un reddito non superiore a 516,46 euro per tredici mensilità, cioè 6713,98 euro di reddito, compreso quello del coniuge.

    Dall’ Agenzia delle Entrate arriva la notizia che dal 2011 i pensionati non avranno più il peso di pagare il canone di persona, facendo estenuanti file alla posta, e l’ ammontare del canone verrà diviso in 11 rate mensili, senza interessi, che verranno detratte direttamente dalla pensione.

In pagamento la quattordicesima per le pensioni di basso importo

   Nel mese di luglio  è in pagamento la somma aggiuntiva per l’anno 2010 (la cosiddetta quattordicesima), per le pensioni di basso importo. La somma aggiuntiva viene erogata ai pensionati che hanno già compiuto i 64 anni di età e ne hanno diritto in base al reddito, ai previsti requisiti contributivi e al tipo di categoria pensionistica.

    L’Inps ha già inviato a ciascun pensionato interessato una lettera con l’indicazione precisa di quanto gli viene pagato. A coloro che perfezionano il requisito dell’età dopo il 31 luglio 2010, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione.

Pensioni – Marcia indietro sullo stop ai 40 anni di contributi

    Marcia indietro sullo stop ai 40 anni di contributi per accedere alla pensione. Il relatore di maggioranza alla manovra, Antonio Azzollini del Pdl, ha presentato in Commissione Bilancio al Senato un emendamento che corregge la precedente proposta di modifica non facendo più riferimento all’aspetto dell’anzianità contributiva. Inoltre torna tutto come prima: l’aggiornamento triennale legato alle speranze di vita partirà dal primo gennaio 2015 e non più dal 2016 come era scritto nel precedente emendamento.  Sulle pensioni «non c`è stato nessun refuso», dice Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd. «L`emendamento, infatti, è stato scritto direttamente dal ministero dell`Economia.

    La retromarcia di Sacconi è dovuta, quindi, alle contraddizioni del governo, alla superficialità e all`approssimazione con cui intervengono sui diritti dei lavoratori».  Ieri e era durata appena poche ore la novità proposta per emendamento alla manovra sulle pensioni che, dal 2016 (un anno dopo quanto previsto) avrebbe agganciato anche i lavoratori con 40 anni di contributi al sistema delle «quote» con l’allungamento dei tempi di età pensionabile legato all’aumento dell’aspettativa di vita. In pratica in alcuni casi per andare in pensione non sarebbero bastati 40 anni.

   La proposta, firmata dal relatore, Antonio Azzollini, è stata infatti “rigettata” dopo poco dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che arrivato di corsa in Senato, ha incontrato il relatore e poi spiegato: «la norma sui 40 anni è stata un refuso. La cancelleremo».  La novità aveva già allarmato i sindacati: Vera Lamonica della segreteria confederale della Cgil aveva spiegato che «l’emendamento peggiora la situazione perché un lavoratore con 40 anni di contributi incappa non solo nella finestra mobile, che significa l’allungamento di un anno, ma anche nell’applicazione dei coefficienti sull’attesa di vita». Si era registrato anche l’altolà di Raffaele Bonanni: «ai lavoratori che hanno già raggiunto 40 anni di contribuzione con la manovra correttiva è stato chiesto un sacrificio enorme, applicando anche a loro la finestra scorrevole di 12 mesi. Ora è necessario evitare che debbano subire, dopo il 2015, ulteriori penalizzazioni».

    E anche la Uil si era espressa in modo critico: «è un ulteriore aumento dell’età di pensione – dice il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti – che penalizza chi ha 40 anni di contribuzione senza per altro aumentare la prestazione pensionistica futura».  Poi il dietrofront del ministro: «ne ho parlato con il presidente della Commissione Azzollini – ha detto Sacconi ai giornalisti -. È stato per tutti e due un refuso. Non era intenzione né del governo né del presidente della Commissione Bilancio introdurre questa norma».

     Ma l’emendamento Azzollini introduce anche altre novità: l’aggancio all’aspettativa di vita che l’Istat ogni tre anni verificherà parte non più dal 2015 ma dal 2016 e riguarda anche le pensioni più basse, cioè quelle “sociali” che il precedente governo Berlusconi aveva innalzato a 516 euro (il vecchio milione di lire). Inoltre slitta di un anno, passando dal primo gennaio del 2015 al primo gennaio del 2016, l’adeguamento periodico dei requisiti di pensionamento all’aspettativa di vita. L’incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato pari a 3 mesi, evidenzia la relazione tecnica della Ragioneria dello Stato, presentata questa mattina in commissione Bilancio al Senato. Strada facendo si arriva a un adeguamento «cumulato» nel 2050 è pari a 3,5 anni.

    Cioè nel 2050 si dovrà stare al lavoro fino a 68,5 anni. I risparmi che arriveranno dall’adeguamento sono pari, tra il 2016 e il 2020, a circa 7,8 miliardi. Il «numero di soggetti annui che maturano i requisiti interessati nel periodo 2016-2020 è pari a circa 400 mila in media».

Dipendenti pubbliche in pensione con uno scalone unico dal 2012

     Uno scalone unico, che produrrà risparmi complessivi per 1,45 miliardi e nessuna deroga sulle finestre per le dipendenti pubbliche che subiranno l’innalzamento secco dell’età di pensionamento da 61 a 65 anni, a partire dal 2012. È quanto dovrebbe prevedere – secondo quanto si apprende – il testo che approderà domani in cdm per far adeguare l’Italia alla pressante richiesta di Bruxelles di equiparare in anticipo l’età di pensionamento delle lavoratrici pubbliche con i colleghi uomini.

    Secondo Giuliano Cazzola, vice presidente della Commissione Lavoro della Camera, è questa «la scelta, con effetti meno drastici, per le lavoratrici del pubblico impiego. In questo modo chi matura i requisiti previsti (61 anni di età e 20 anni di anzianità contributiva) potrà, se lo riterrà opportuno, andare in quiescenza». Secondo Cazzola, «se invece si prevedessero due scaglioni di due anni ciascuno (63 anni il primo gennaio 2011 e 65 anni il primo gennaio 2012) nessuna lavoratrice potrebbe uscire dal tunnel fino a conclusione del periodo. «Mi auguro poi – ha concluso Cazzola – che il governo sospenda temporaneamente le finestre per le donne colpite dal provvedimento di inasprimento dei requisiti, altrimenti lo scalone diventerebbe di 5 anni».

     Saranno in tutto 32.300 le dipendenti pubbliche che resteranno, totalmente o in parte, bloccate dall’anticipo dell’innalzamento dell’età di pensionamento a 65 anni, tra il 2012 e il 2017, come risulta da alcune stime fornite al governo.l risparmi, nello stesso arco di tempo, sarebbero, in totale, di 2 miliardi di euro rispetto alla normativa attuale.

     Delle 32 mila donne che resteranno bloccate in quell’arco temporale ben 18 mila sono dipendenti della scuola, visto che dall’analisi dei dati storici risulta che il 56% delle donne che vanno in pensione di vecchiaia anticipata, appartengono al comparto della scuola. Solo nella scuola l’introduzione della finestra scorrevole di 12 mesi, determinerebbe uno slittamento della spesa con conseguenti risparmi di 230 milioni l’anno.

   Quanto alle donne che non raggiungono, dal 2012 al 2017, i 65 anni di età per andare in pensione ci sono le dipendenti che, al 31 dicembre 2011, non hanno ancora maturato i requisiti per la pensione di anzianità (35 anni di contributi e 60 di età, oppure 36 anni di contributi e 59 di età) e quelle che avrebbero maturato l’età pensionabile, nei singoli anni, dal 2012 e il 2017: si tratta delle lavoratrici che prima potevano andare in pensione tra i 62 e i 64 anni di età. E poi stesso arco di tempo, tuttavia, sono 22.509 le lavoratrici che raggiungeranno i requisiti per andare in pensione con le nuove regole, mentre saranno quasi 10 mila (9.791 unità) le dipendenti che matureranno i requisiti solo dopo il 2017.

     I risparmi derivanti da pagamento ritardato di queste pensioni sono valutabili in 2 miliardi di euro fino al 2017, a questa cifra vanno tuttavia decurtati i maggiori esborsi che lo stato dovrà pagare per gli stipendi, sia per la differenza tra ammontare dello stipendio e quello della pensione, sia per l’eliminazione dell’effetto del blocco del turn over. Anche le liquidazioni subiranno un rialzo per effetto del maggior numero di anni di permanenza al lavoro della dipendente. Stime approssimative valutano in circa 1 miliardo le spese maggiori, con conseguente dimezzamento dei risparmi pensionistici.